Il Castellaccio racconta una storia di ristorazione piacentina lunga più di 70 anni: già nel 1946 il padre di Graziano (l’attuale proprietario) gestiva una trattoria e nel 1969 decise di rilevare l’avamposto del Castello di Travo e di trasformarlo in un ristorante. Oggi il locale è nelle mani di Graziano e delle figlie gemelle Chiara e Camilla e la cucina è un regno femminile.
La sala principale è arredata in maniera elegante ma non pomposa e gode di un’ampia vetrata che nella bella stagione permette di mangiare a finestre spalancate, con la piacevole sensazione di trovarsi in giardino. Molto gradevole anche la saletta all’ingresso, dotata di ampie poltrone e di caminetto: perfetta per rilassarsi prima o dopo il pasto.
Il giardino viene usato principalmente per eventi e contiene anche l’orto dove si coltivano le erbe aromatiche per la cucina.
Il menu è sapientemente bilanciato fra i piatti della tradizione e proposte più innovative. Particolarmente curati sia la “mise en place” che l’impiattamento.
Il pranzo si apre sempre con un piacevolissimo assaggio di salame piacentino, che induce molti commensali a proseguire scegliendo come antipasto i salumi (culatello, coppa e pancetta) con giardiniera: decisione azzecatissima. Si possono trovare anche altri antipasti come l’insalata di faraona, paté d’anatra o hamburger di melanzane.
Fra i primi piatti l’attenzione al territorio è assicurata sia dalla presenza dei pisarei, che dalla selezione di materie prime a km zero: ad esempio, in stagione, la zucca bertina (autoctona piacentina) che farcisce delle ottime caramelle.
Come secondi si possono trovare cose come la tagliata di scamone piemontese, costolette di maialino da latte, galletto al limone e zenzero e battuta cruda di manzo.
Gli appassionati del genere apprezzeranno poi la presenza fissa nel menù della frittura di rane e delle lumache alla borgogna.
Capitolo dedicato merita il carrello dei formaggi, che è assolutamente irrinunciabile per gli appassionati: un mix meraviglioso con provenienza principalmente da Lombardia, Trentino e Piemonte, impreziosito dall’accompagnamento con il pan brioché caldo e le mostarde. Memorabile uno stravecchio di malga trentina stagionato in grotta.
La carta dei vini è molto ricca e ben bilanciata, sia in termini di prezzo, che di provenienza (fra vini del territorio e del resto d’Italia, dove spicca comunque l’amore di Graziano per il Piemonte).
Fra le bollicine siamo stati gradevolmente sorpresi dallo spumante Calepino, proveniente dal Val Calepio, la “Franciacorta” del bergamasco.